REBIRTHING CON INDIVIDUI REALIZZATI

Può accadere che si sottopongano al Rebirthing individui “realizzati”, cioè delle persone che hanno già raggiunto un buon grado di armonizzazione interiore e autoconoscenza e che si sentono a loro agio nel mondo (coloro che insegnano Rebirthing dovrebbero appartenere a questa categoria o per lo meno essere sulla buona strada). Con queste persone le sedute possono essere particolarmente interessanti e condurre a livelli molto profondi. In questi casi le manifestazioni dolorose fisiche ed emotive sono quasi sempre del tutto assenti e vengono sperimentate principalmente sensazioni piacevoli associate a fenomeni di tipo transpersonale, e percezione della trasparenza dell’io, coscienza di sè come testimone senza forma ecc.
Uno yogi indiano, che fin da bambino era immerso nella pratica quotidiana, persona carissima di umore radioso e salute eccellente, commentò dopo la seduta: Sempre, quando medito, sento salire, stabilizzarsi e poi ridiscendere la “Kundalini”, ma oggi per la prima volta l’ho anche vista!. Nei giorni seguenti, disse di aver riscontrato dei benefici per quanto riguardava un maggior silenzio mentale e certe funzioni fisiologiche. Disse che gli era molto piaciuta l’esperienza e che essa era un aiuto alla purificazione e che gli aveva dato forza.
Un altro yogi, questa volta medico e psichiatra europeo, esperto di tecniche tantriche, che praticava esercizi molto avanzati e viveva da anni sull’Himalaya, durante una sessione di respirazione ricordò e rivisse quella che non potè definire in altro modo che il riemergere di una sua precedente incarnazione. Piangeva per la madre Russia (paese che in “questa vita” non aveva mai visitato), dove ricordava di essere morto in guerra, immolandosi in difesa della patria. Passò poi a una fase in cui poteva sentire un contatto diretto con il Divino, percepito come assoluto, eterno e onnicomprensivo, trascendente i fenomeni illusori del divenire, e di fronte al quale le nostre vite sono solo il sogno della coscienza.
Un altro yogi indiano che ho sottoposto al Rebirthing, trentacinque anni laureato in ingegneria, e poi dedicatesi alla vita ascetica e impegnato da anni in pratiche di pranayama e meditazione con lunghi ritiri nella solitudine della foresta, ha respirato con ritmi molto intensi e a lungo e anche su di lui nessun segno di tetania, nessuna tensione, nessun fenomeno di iperventilazione seppure avesse respirato davvero molto, ma solo preludio a stati di samadhi in una lunghissima apnea finale. In tutti i casi, con soggetti che avevano praticato metodi basati più sul controllo del respiro, con esercizi di sospensione e placazione, la respirazione anche molto intensa non ha prodotto alcun fenomeno di iperventilazione. Alcuni soggetti esperti yoga sottoposti alla respirazione sentono sin dalla prima seduta che l’esperienza è più intensa di quella che avevano vissuto con ogni altro tipo di meditazione.
Altri raccontano di aver già provato qualcosa d’analogo con metodi differenti, ma grazie alla respirazione tutto è accaduto molto più rapidamente. In sintesi, si può affermare che il Rebirthing è un valido supporto alle diverse pratiche di meditazione, e che senza una preventiva liberazione del respiro tutti i metodi di ricerca del Sè hanno minor efficacia. Esperienze spirituali intense e profonde possono aver luogo nelle prime sedute di Rebirthing anche in soggetti che non hanno già raggiunto un grande sviluppo personale, ma non rimarranno conquiste stabili. Soggetti esperti possono svolgere la respirazione seduti in una comoda posizione yoga. In tutti questi casi particolarmente importante ridurre al minimo gli interventi durante la sessione respiratoria, lasciando al soggetto la massima libertà d’espressione. Si può, invece, enfatizzare l’intensità e la profondità della respirazione per favorire l’emergere dei fenomeni più intensi che il soggetto è pronto ad affrontare. A tale scopo si può respirare insieme e in sintonia con il soggetto, cercando di facilitare e stimolare una respirazione intensa per dare l’avvio all’esperienza, cosa che personalmente considero comunque valida in molti casi. A volte chi ha lunga consuetudine con pratiche di respirazione diverse come gli esercizi classici del Pranayama indiano, trova difficile abbandonare gli schemi acquisiti e solo dopo un certo tempo, attraverso un respiro intenso, sviluppa risposte spontanee. La sessione si conclude senza bisogno di un rilassamento guidato e il soggetto lasciato libero di entrare in uno stato meditativo secondo la sua disposizione per tutto il tempo che crede. In questo stadio spesso il soggetto attraversa fasi in cui il respiro si sospende o è leggerissimo.

Filippo Falzoni G.